Gli Antonelli, architetti da Gatteo - La misura dell'Eldorado. Vita e imprese di emiliano-romagnoli nelle Americhe
Giovanni Battista Antonelli
Peñíscola, castello: porta di Filippo II. (L.A. Maggiorotti) Giovanni Battista Antonelli [1527-1588]
Battista Antonelli
Forte dei Tre Re. Morro de L' Avana Battista Antonelli
[1547-1616]
Cristoforo Roda Antonelli
Cartagena de Indias. Scorcio delle mura. (Archivio Graziano Gasparini) Cristoforo Roda Antonelli [1560-1631]
Gian Battista Antonelli (Il Giovane)
Castello di Araya, Cumaná (Venezuela). (Archivio Graziano Gasparini) Gian Battista Antonelli
(Il Giovane)

[1585-1649]
I Garavelli Antonelli
Ristrutturazione castello di Santa Barbara ad Alicante nel 1562 di Giovanni Battista Antonelli I Garavelli Antonelli
Cristoforo [1550-1608]
Francesco [1557-1593]
 
Inizio dei contenuti della pagina

Battista Antonelli

 

Gatteo 1547 - Madrid 1616


L’architetto militare dei Caraibi


Battista Antonelli fu il minore dei cinque fratelli e quando nacque nel 1547 a Gatteo, il maggiore Giovanni Battista, aveva quasi vent’anni. Battista è stato l’unico dei cinque che andó in America; le tre sorelle rimasero sempre in Italia e neppure il fratello maggiore, Gian Battista, attraversò mai l’Atlantico. Era troppo occupato nei progetti di navigazione fluviale in Spagna.

Il fatto che Battista avesse un fratello maggiore di nome Gian Battista e poi un figlio con lo stesso nome, ha reso facile la confusione tra gli storici che si sono dedicati a fare ricerche sulle opere legate al cognome Antonelli. In aggiunta i nipoti Garavelli Antonelli si facevano chiamare solo Antonelli per ottenere i benefici connessi con il prestigio di quel cognome.

Non si hanno informazioni riguardo alle sue attività in territorio italiano, anche se è facile capire che, considerando la sua giovane età, è pochissimo quello che poté fare; aveva circa venti anni quando suo fratello maggiore lo chiamò in Spagna verso il 1568-69. Ebbe la fortuna di ricevere una buona formazione professionale durante i nove anni (1570-1578) che lavorò a fianco di Vespasiano Gonzaga Colonna duca di Sabbioneta, Viceré e notabile della corte di Filippo II. Durante quel periodo poté osservare e trarre profitto dalle opere che Vespasiano Gonzaga e suo fratello Gian Battista, stavano pianificando e costruendo nella costa del Levante, a Valenza, Cartagena del Levante, Peñíscola, Alicante e altri punti strategici, come Mazalquivir e Orano sulla costa africana. Quando Vespasiano Gonzaga ritornò definitivamente a Sabbioneta nel 1578, Battista Antonelli aveva quasi trenta anni e, più importante ancora, aveva una buona formazione teorica e pratica di architettura militare, ingegneria e delle tecniche costruttive.
Vespasiano Gonzaga, considerato come un esperto nell’arte militare in quel momento, si era formato alla scuola dei Sangallo, Sanmicheli, Cattaneo e altri; le sue conoscenze le trasmise a Battista Antonelli che le utilizzò in varie fortificazioni con bastioni a pianta irregolare. Come già detto, la pianta irregolare fu una delle caratteristiche della scuola italiana e comincia a manifestarsi nelle varie fortificazioni di fine del secolo XV. Per esempio a Ostia, Civita Castellana, Verruca, Pisa, ecc.

Nel 1580 quando Filippo II incorporò il Portogallo al suo regno, Battista, suo fratello Giovanni Battista e il loro nipote Cristoforo Roda Antonelli, stavano lavorando a opere di condizionamento del terreno e delle strade per agevolare il movimento delle truppe e il trasporto delle munizioni verso la frontiera portoghese. Fu quando si trovava a Lisbona che Filippo II chiamò Battista Antonelli per affidargli un’importante missione nel continente americano.

Il giovane che si presentò davanti al monarca era un uomo di trentaquattro anni in possesso di una buona formazione. La missione consisteva nel viaggiare sino allo stretto di Magellano per costruire due forti a ogni lato del canale al fine di controllare l’unico passo navigabile conosciuto a quel tempo, tra gli oceani Atlantico e Pacifico. Il progetto fu elaborato da Tiburzio Spannocchi e da suo fratello Gian Battista e contemplava anche la chiusura del passo per mezzo di una catena.

La flotta dell’Ammiraglio Álvaro Flores de Valdés con Pedro Sarmiento de Gamboa come governatore e Battista Antonelli come ingegnere, salpò dal porto di Cadice il 9 dicembre del 1581 verso una conclusione gremita di contrattempi, difficoltà e coronata dall’insuccesso finale. Questo fu il primo viaggio di un Antonelli al Nuovo Mondo e la prima terra americana calpestata da lui fu il Brasile. In effetti la flotta giunse a Rio de Janeiro il 25 marzo 1582, cosicché qualsiasi impresa di un Antonelli in America anteriore all’anno 1582 deve essere scartata.

Dopo una permanenza di nove mesi a Rio de Janeiro la spedizione salpò per continuare il viaggio ma con tanta mala sorte che il 7 gennaio del 1583 la nave La Concepción, sulla quale navigava l’Antonelli, incagliò all’uscita della baia. La nave affondò e si perse tutto il materiale tecnico dei costruttori, i quali poiché si sarebbero trovati senza i loro strumenti, pensarono che fosse inutile continuare il viaggio. Si pensa che Battista Antonelli sia riuscito a risolvere come ritornare per conto proprio giacché il suo nome non viene menzionato nelle relazioni di viaggio redatti da Sarmiento.
La flotta non arrivò mai a destinazione e il fallimento del progetto lascia intravedere, tra le altre cose, la grande improvvisazione di pianificazione di un’impresa che senza dubbi fu molto precipitata. Ci sono sintomi di rivalità, sfida, e concorrenza in tutta quella operazione mal orchestrata, come se di fronte all’impresa di scoperta del portoghese Magellano, si pretendesse dimostrare e contrapporre la capacità organizzatrice della marineria spagnola e del suo Re il quale, da circa un anno, lo era anche del Portogallo e dei suoi domini.

Quantunque Antonelli sia risultato utile nel fornire consulenza circa le fortificazioni di Rio de Janeiro e di altre località vicine, non è possibile giustificare una permanenza di nove mesi in quel porto, specialmente considerando che la meta finale e il motivo principale del viaggio si trovava molto più a Sud. Ciò che è certo è che l’insuccesso della missione costò all’Ammiraglio Álvaro Flores de Valdés un giudizio nel quale scaturì la denuncia della buona vita di cui avevano goduto i viaggiatori nella baia di Río de Janeiro, della loro poco voglia di continuare il viaggio e della risoluzione negativa dell’Ammiraglio, di tentare il recupero delle attrezzature affondate con la nave La Concepción.

Una volta ritornato a Madrid, Battista Antonelli affrontò due anni di amarezze e depressioni a causa della sua prima e infelice esperienza americana.
Sappiamo poco sulle sue attività a Madrid dal 1583 sino al 1586, anno in cui parte per il suo secondo viaggio verso il continente americano.
Nel 1585 nacque suo figlio Gian Battista Antonelli, ma non sappiamo quasi nulla della donna che gli diede il suo unico erede; dai documenti testamentari sappiamo solo che si chiamava Maria de Torres.

Il segretario di corte e suo protettore, Juan de Ibarra, fu la persona che lo animò e aiutò nell’apprestarsi al viaggio programmato per realizzare il primo progetto difensivo dei Caraibi.

Era l’epoca dei saccheggi delle città ispanoamericane degli inizi, degli attacchi alle navi che ritornavano cariche di ricchezze, delle esplorazioni e osservazioni che inglesi, francesi e olandesi portavano avanti al fine di stabilire quali isole, territori e coste potessero essere occupati al fine di regalare alle loro rispettive monarchie, quote di potere in quella parte del mondo. Nei primi decenni del secolo XVII questo divenne una realtà cosicché dal mar dei Caraibi spagnoli del secolo XVI, si passò a un mar dei Caraibi internazionale, diviso tra Spagna, Inghilterra, Francia e Olanda. Non si può neanche dimenticare che i così tanto disprezzati pirati erano degli eroi per gli inglesi. Abbiamo l’esempio in Sir Francis Drake a fine del secolo XVI e di Sir Henry Morgan nel secolo XVII. Infine fu ancora nei Carabi, dove, nel secolo XVIII, si risolsero le contese tra le varie corone europee.

Il 15 febbraio del 1586, Filippo II emise la cedola reale (Doc. Nº 15) con la quale nominava Battista Antonelli come suo ingegnere: "...perché vada a esaminare le coste e punti d’America dove sia conveniente alzare forti e castelli ...".
Quello fu il primo progetto di difesa concepito da Filippo II e tra le varie incombenze date all’Antonelli, c’erano le ispezioni e le proposte per i progetti per Cartagena delle Indie, Panama, Chagre, Portobello, L’Avana, Santo Domingo, Puerto Rico e La Florida. Gli ultimi tre luoghi non furono visitati in quel viaggio iniziato nel 1586, poiché Antonelli si trovava nuovamente a Madrid nel 1588 per presentare a Tiburzio Spannocchi e agli altri consiglieri di corte i suoi progetti di fortificazione di Cartagena, e de L’Avana e formulare idee e proposte per Portobello e Chagre.

Questo secondo viaggio di Battista Antonelli in America e il primo nella zona dei Carabi partì da Siviglia verso la metà del 1586 con una flotta comandata dal capitano Álvaro Flores de Quiñones.
A bordo si trovava anche il Maestre de Campo Juan de Tejeda, nominato governatore di Cuba da Filippo II. Arrivarono a Cartagena delle Indie il 18 Luglio 1586, tre mesi dopo del saccheggio della città da parte di Francis Drake. Non c’è dubbio che l’idea del Re di mettere in atto un gran progetto di fortificazione dei Caraibi fosse giusta, l’unica pecca fu che si fosse messo in pratica con venti anni di ritardo.

Antonelli e Tejeda cominciarono immediatamente a studiare un progetto difensivo provvisorio, però efficiente dal punto di vista della strategia militare, considerando che la distruzione di Cartagena avvenne principalmente per il fatto che non si fossero prese precauzioni difensive nei punti più necessari, come ad esempio l’entrata principale alla baia attraverso la Boca Grande. Durante questa prima ispezione alle istallazioni di Cartagena, Battista Antonelli considerò che la misura difensiva più efficace fosse circondare la città con mura, approfittando anche della protezione naturale della costa e delle lagune interne; questa prima osservazione divenne poi realtà nel progetto da lui stesso elaborato nel 1595.

Attraverso una lettera indirizzata al duca di Medina Sidonia del 14 dicembre del 1586, si sa che Tejeda e Antonelli, dopo aver organizzato le opere provvisorie di difesa della città e avere lasciato istruzioni precise, partirono per ispezionare la baia di Portobello e l’imboccatura del fiume Chagre nell’istmo di Panama. Antonelli rimase colpito positivamente per le caratteristiche naturali che proteggevano la baia di Portobello considerandole migliori di quelle di Nombre de Dios che secondo la sua opinione aveva una baia “molto aperta”; considerò anche che Portobello avesse migliori condizioni per l’ancoraggio dei galeoni destinati al commercio con le Filippine e il Perú. Tutte le ricchezze, le spezie e altri prodotti provenienti dal Pacifico sbarcavano a Panama per poi esser trasportati, per via terrestre, sino ai galeoni che li avrebbero trasportati in Spagna attraverso l’Atlantico.
Esistevano forti pressioni per abilitare un’altra via per il trasbordo da una costa all’altra; la proposta contemplava l’utilizzazione della baia di Fonseca, che oggigiorno è divisa tra le repubbliche del Salvador, Honduras e Nicaragua e da lì aprire una via sino alla costa dell’Honduras sui Caraibi. Battista Antonelli non conosceva ancora la baia Fonseca però sapeva che la via terrestre era molto più lunga e che il trasporto dei colli era molto difficile. Per questo il primo suggerimento alla corte fu di trasportare Nombre de Dios a Portobello (Doc. Nº 16) e concentrarvi tutte le attività commerciali con il Pacifico.

Dopo il ritorno a Cartagena, dove studiarono una volta ancora le diverse possibilità difensive della baia, Tejeda e Antonelli continuarono con il loro programma di ispezioni. La meta seguente fu L’Avana dove arrivarono il 12 Luglio del 1587.
Battista Antonelli si dedicò immediatamente a studiare il terreno e le varie possibilità di erigere un forte che poi sarà conosciuto con il nome di El Morro de los Tres Reyes . Negli ultimi mesi del 1587 maturò l’idea del fronte a terra con i due grandi bastioni chiamati di Spagna e Tejeda; una soluzione architettonica molto antonelliana che presenta soluzioni consimili ad altre sue fortificazioni. A sette mesi scarsi di trovarsi ne L’Avana, Antonelli imprende un viaggio improvviso in Spagna che interrompe e sospende il programma iniziale di ispezionare Santo Domingo, Portorico e La Florida.
Dovette arrivare a Madrid nell’aprile 1588, in pratica un mese dopo la morte di suo fratello Giovanni Battista, successa il 17 marzo dello stesso anno. Non si può accettare come motivo del viaggio la morte del fratello.
La vicinanza delle date è solo una coincidenza. Ad ogni modo è possibile accettare che questo improvviso rientro in Spagna si sia dovuto a un qualche problema importante, giacché lo stesso Tejeda, governatore di Cuba, lo accompagnò.

Antonelli portò con lui molti piani, progetti preliminari, idee e proposte per Cartagena, Portobello, Chagre e L’Avana che sottopose all'attenzione del suo superiore Tiburzio Spannocchi e degli altri membri della corte.
Una concisa relazione di spese (Doc. Nº18) redatta da Antonelli può essere consultata nell'appendice. Non si conoscono piani o progetti di fortificazioni fatti da Antonelli in relazione con le sue prime ispezioni a Cartagena, Portobello, Chagre e L’Avana. Fu un viaggio rapido, dedicato all'osservazione e a prendere nota di dati. I progetti conosciuti di Battista Antonelli sono tutti posteriori al 1590.

L’anno 1588 trascorso a Madrid fu un anno di grande tensione politica con i Paesi Bassi e specialmente con l’Inghilterra per la perdita dell’egemonia navale dopo la disfatta della Invencible Armada. Francis Drake, il pirata dei Caraibi del 1586, è l’eroe dell’Inghilterra dopo la catastrofe subita dalla flotta spagnola. Il progetto di fortificare le postazioni dei Carabi s’impone allora come un’azione prioritaria per la Corona. Il potere navale inglese si profila come una minaccia molto seria.

Una volta rivisti e approvati i suoi progetti, il 23 novembre 1588 Battista Antonelli viene incaricato mediante cedola regia della costruzione delle fortificazioni di Portorico, Santo Domingo, Florida, L’Avana, Cartagena delle Indie, Santa Marta, Nombre de Dios, Portobello, Panama e del fiume Chagre.

Inoltre, doveva andare a Veracruz nel Messico per ispezionare le fortificazioni di San Juan di Ulúa, studiare il terreno per aprire una strada da Veracruz a Città del Messico ed esplorare la baia di Fonseca confontandola a quella di Portobello. Un incarico realmente ciclopico per un solo uomo, se si considerano le distanze, la difficoltà della geografia, i mezzi di trasporto. Le distanze meritano un discorso a parte. Lo spagnolo che arrivò in America rimase stupito dalla scala della nuova geografia; non aveva mai visto né percorso distanze così grandi, fiumi così ampi, foreste così immense, né montagne tanto alte. Il concetto di “dimensione” era completamente diverso a quello della geografia della penisola e chi non lo aveva sperimentato personalmente non poteva neanche immaginare cosa significasse fare percorsi terrestri, camminando e a cavallo, da Città del Messico alla baia di Fonseca.
Gli imparruccati signori della corte non avevano la minima idea della “misura” del Nuovo Mondo e per questo, ordinavano facilmente un viaggio sino allo stretto di Magellano come se si trattasse di andare da Siviglia a Madrid. Le cose cambiarono dal secolo XVII quando la conoscenza e le “proporzioni” tra la penisola e l’America cominciano a essere più familiari. Conoscendo le attività di Battista Antonelli nei Caraibi e i pochi anni che rimase nella zona, non cessa di stupire la capacità di occuparsi di tante opere in tanti luoghi diversi.

Il decennio che Antonelli rimase nei Caraibi, dal 1589 sino al 1599, fu il suo decennio di gloria.
Diego Angulo Iñiguez dice: "...Attraverso la qualità delle opere che gli furono affidate e il momento che la sorte gli diede da vivere, momento critico nella storia delle fortificazioni americane, viene conferito al suo compito un rilievo veramente eccezionale, lo trasformano nel grande ingegnere del secolo XVI nelle Indie. Antonelli è una personalità di una importanza tale che urge evidenziare per una migliore conoscenza della storia dell’America...”. (17).
Così lo elogiò l’illustre storico spagnolo nel suo discorso di ammissione alla Reale Accademia della Storia.

Il terzo viaggio di Battista Antonelli in America e per essere precisi, il secondo nella zona dei Caraibi, si organizzò in seguito alla già citata cedola regia del 23 novembre 1588, però le quattro navi che componevano la piccola flotta, partirono da Sanlúcar de Barrameda solo il 18 febbraio 1589. Juan de Tejeda era anche lui a bordo per ritornare al suo incarico di governatore di Cuba. Tuttavia le istruzioni della corte contemplavano una visita a Portorico e Santo Domingo, prima di arrivare a L’Avana.
Erano le due isole che Antonelli non aveva potuto visitare a causa del suo improvviso viaggio in Spagna all’inizio del 1588.
La prima tappa del viaggio di ritorno nei Carabi fu San Juan de Puerto Rico dove arrivarono dopo circa un mese di navigazione. Per loro sfortuna la nave di Tejeda e Antonelli naufragò sulle coste dell’isola, ma questo non impedì che si mettessero a studiare immediatamente le fortificazioni della baia e si accorgessero della scarsa garanzia di difesa che offriva "la vecchia forza" ovvero la fortezza di Santa Catalina con le sue torri cilindriche, cominciate a costruire nel 1533, le sue anguste zone per sistemare l’artiglieria e per di più, costruita troppo all’interno della baia. Il carattere medievale del fabbricato e la sua collocazione non era i più indicati per la difesa della città e dell’isola.
Battista Antonelli e Tejeda, incaricati di portare a termine l’ambizioso progetto di difesa dei Carabi, propongono un nuovo progetto per il castello di San Felipe del Morro, situato all’estremo occidentale dell’isoletta all’entrata del porto.
In quel luogo esisteva già una fortificazione, perché era il punto diffensivo obbligato per controllare l’entrata della baia, era una piattaforma quasi a livello del mare della quale Antonelli si avvalse per la realizzazione del suo progetto. Nel corso del mese che rimase nell’isola: "...tracciò la pianta del castello, una piattaforma vicino al porto e alcune opere minori..." (18). Fu molto poco il tempo che Antonelli poté dedicare al Morro de San Juan; non ostante lasciò i piani e le istruzioni precise che in seguito furono realizzati da Francés de Alaya e Diego Menéndez.
Il risultato fu buono poiché l’attacco di Drake, nel 1595, fu respinto e l’inglese non riuscì a saccheggiare la città. Uno schizzo effettuato da Pedro de Salazar nel 1591, raccoglie sicuramente le istruzioni lasciate da Antonelli. I due grandi bastioni verso il fronte a terra e la forma irregolare del complesso, adattata alla topografia esistente, sono simili alla soluzione data al Morro de L’Avana e alle altre dello stesso ingegnere. La fortezza di San Felipe del Morro di San Juan di Portorico, dopo essere stata modificata, ampliata e rinforzata, nei due secoli successivi, si trasformò nella chiave per la difesa della città. Nonostante le tante modifiche e ingrandimenti, il marchio di Battista Antonelli s’intravede ancora oggi nella forma libera della pianta e nel concetto dei due bastioni del fronte a terra.

Il 25 aprile 1589 Antonelli e Tejeda gettarono le ancore nel fiume Ozama, porto della città di Santo Domingo. Quello fu il primo contatto di Antonelli con la prima capitale americana, fondata quasi novanta anni prima. Santo Domingo aveva già perso una gran parte della sua importanza politica e della sua prosperità commerciale; non era ormai più quel centro di irradiazione da cui partivano spedizioni avide di conoscere sempre più la geografia dei Caraibi e del Pacifico. La conquista del Messico e del Perù e le condizioni più sicure e favorevoli della baia de L’Avana, ridussero le preferenze per il porto di Santo Domingo a favore di quelli di Veracruz, Cartagena e L’Avana.

Tre anni prima, nel gennaio 1586, anche la città di Santo Domingo era stata saccheggiata da Francis Drake. Il recinto delle sue mura, oltre a essere debole, era anche molto lontano dal centro urbano. Chi lo aveva costruito, sicuramente pensò che la città avrebbe continuato la sua crescita allo stesso ritmo dei primi decenni del secolo XVI. Fu una previsione che non si avverò. Antonelli elaborò un nuovo disegno delle mura avvicinandole alla città e aggiungendo bastioni alterni lungo tutta la loro estensione.
Come disse Palm:"...il progetto originale di Antonelli indica a grandi linee il corso delle fortificazioni del lato Nord, compresa la collina di Buena Vista che sovrastava Santa Barbara, corso che effettivamente seguirono nei secoli XVII e XVIII, anche se l’incapacità dei funzionari locali non seppe cogliere né il suggerimento preciso della distribuzione dei bastioni, né il contorno ovale (che comincia con una curva perfetta dalla base del mare) che Antonelli, in accordo ai precetti della tecnica militare, cercó di dare al suo tracciato...”. (19)

Anche a Santo Domingo la permanenza di Antonelli e Tejeda fu troppo breve; lasciarono disegni e istruzioni e il 15 maggio 1589 salparono verso Cuba arrivando nella baia de L’Avana il 31 dello stesso mese.
Tejeda era mosso da una giusta premura di arrivare a L’Avana poiché doveva riprendere il suo posto di governatore che aveva lasciato vacante dal viaggio in Spagna all’inizio del 1588. In una lettera diretta al Re, Antonelli conferma l’importanza della posizione del Morro e della Punta per controllare l’entrata alla baia. Come nella baia di San Juan di Portorico, nella quale La Fortaleza si trovava dopo l’imboccatura dell’entrata, anche a L’Avana, il castello de La Fuerza era stato costruito all’interno della baia e in pratica era incapace di impedire l’entrata delle navi nemiche.

Se La Fortaleza di San Juan di Portorico con le sue torri cilindriche aveva ancora reminiscenze medievali, La Fuerza a L’Avana, costruita tra il 1558 e il 1577 da Bartolomé Sánchez e Francisco de Calona, mostrava una pianta molto rigida, senza piazza d’armi né rampe per spostare i cannoni; costituiva una mostra precoce di idee vincolate al sistema di bastioni, risolta, tuttavia, con soluzioni dettate da una preoccupazione più formale e simmetrica che funzionale. La pianta quadrata con bastioni a ogni angolo e aperture a casamatta sono idee rinascimentali vincolate alle opere italiane dei Sangallo.
Il castello della Real Fuerza de La Habana è la fortezza a bastioni più antica d’America e può essere messa in relazione con la fortezza de L’Aquila in Italia costruita dall’architetto militare spagnolo Escrivá tra il 1534 e il 1549 e con il forte di Barletta parimenti in Italia, opera di Evangelista Menga, architetto di Carlo V e contemporanea alla fortezza de l’Aquila.

La Real Fuerza cubana fu residenza di governatori e capitani generali, di truppe e impiegati pubblici. Ebbe varie utilizzazioni e oggi, restaurata, è un monumento della storia e della memoria urbana de L’Avana. Posta in un luogo privilegiato, vicino alla Piazza d’Armi e alla Cattedrale, compie un ruolo culturale nel centro storico della vecchia Avana.

Dopo soli sette mesi che era a L’Avana, Battista Antonelli dovette viaggiare nuovamente per ispezionare le fortificazioni di San Juan de Ulúa in Messico, esaminare la posizione di Veracruz, studiare il cammino tra Veracruz e Città del Messico, valutare l’utilizzazione della baia di Fonseca e dare un’opinione sul cammino tra questa e Porto Caballos. S’imbarcò il 26 dicembre 1589 accompagnato da Don Francisco Valverde e Don Diego López de Quintanilla.

Prima di partire da L’Avana, lasciò istruzioni precise per i lavori che dovevano realizzarsi durante la sua mancanza sapendo bene che sarebbe rimasto lontano dalle opere in corso per qualche mese. Infatti rimase via per sette mesi, approssimativamente sino al mese di agosto 1590. Il lavoro principale consistette nell’eliminare un terreno roccioso per iniziare il fosso tra "i due bastioni dalla parte della campagna" e la controscarpa.
Ritornerò più tardi a parlare dello sforzo che dovette significare l’apertura del fossato del fronte a terra.
Fu un’impresa degna di un ciclope poiché, d’accordo con le relazioni del secolo XVIII: "dal bordo della controscarpa conta settanta piedi di profondità, molta parte in pietra viva". Questo vuol dire una media di 18 metri. Battista Antonelli eseguì la ristrutturazione dei bastioni e mise le "pietre maestre" nel punto definitivo. Prima di viaggiare lasciò una lapide nella roccia che guarda verso il canale d’entrata che dice testualmente:

REINANDO EL REY FELIPE SEGUNDO
N. S. SIENDO GOVERNADOR Y CAPITAN
GENERAL DE LA ISLA DE CUBA EL
MAESSE DE CAMPO JUAN DE TEXEDA
VINO BAUTISTA ANTONELLI A FORTI=
F ICAR ESTE PUERTO
20 DE SETR DE ANNO 1589

Tamara Blanes Martin (20), giustamente segnala che questa data del 20 settembre 1589 può essere presa per la data d’inizio del castello. Antonelli partì tranquillo per il Messico perché sapeva che il lavoro per aprire il fosso e allo stesso tempo ritagliare le pietre maestre, significava lavoro di anni.

Battista Antonelli e compagnia arrivarono al porto di San Juan de Ulúa   il 18 gennaio 1590. Da una lettera di Valverde al Re del 28 febbraio 1590 in Cittá del Messico, sappiamo che Antonelli ispezionò le scarse difese di San Juan de Ulúa (Doc. Nº19) e cominciò a comprendere come soddisfare le esigenze del Viceré Luis de Velasco il quale: “...avendo considerato le poche difese di quel forte ordinò a Battista Antonelli che ideasse qualche difesa con la quale rinforzasse quanto già esisteva e che fosse poco costosa e breve...”.

Le fortificazioni che trovò Antonelli a San Juan de Ulúa era una larga muraglia con anelli da ormeggio per le navi e a ogni estremità, una torre quadrata che serviva d’alloggio ossia una costruzione molto lontana da qualsiasi principio di arte militare o di costruzione difensiva. Una situazione questa che: Battista Antonelli, suo figlio Gian Battista Antonelli e suo nipote Cristoforo di Roda Antonelli, dovettero affrontare e patire in varie occasioni. In una lettera diretta al Re del primo marzo 1590, c’è un paragrafo che vale la pena riprodurre.  Dice quanto segue: "...Converrebbe molto al servizio di V.M, al beneficio delle finanze reali e a vantaggio di queste fortificazioni che V.M. prendesse una misura per mezzo della quale io possa liberamente ordinare quello che conviene al suo regio servizio rispetto alle menzionate fortificazioni, poiché so che sarebbe di grande vantaggio, per quanto ho visto, da queste parti. E se il forte de L’Avana, che al presente è finito, è costato duecentocinquantamila ducati, la causa è da imputarsi al fatto non ci sua stata una persona che avesse zelo verso il suo regio servizio, e anche il fatto che ognuno dei ministri di V.M. ha speso a gusto dalle sue finanze reali; e se non s’incarica di questo la persona o l’ingenere che assiste le menzionate fortificazioni, dubito che si possa fare bene, perché i menzionati ministri di V.M. o governatori, molti di loro non capiscono cosa è una fortificazione e pensando di esser nel giusto, molte volte sbagliano. Di tutto questo mi è sembrato dar ragione a V.M. come è mio dovere. Il mio zelo è di compiere il servizio di V.M. e seguire le orme di mio fratello Gian Battista Antonelli...". (Doc. Nº20)

Il fatto di dover far fronte a rifiuti, opinioni sfavorevoli, critiche e modificazioni dei progetti, sopportare personale incompetente perché imposto “da sopra” e altri abusi, è stata una costante alla quale tanto gli Antonelli, come gli altri ingegneri hanno dovuto sottostare durante lo svolgersi giornaliero delle attività professionali. Chi occupava un incarico rilevante, era un Dio in una società nella quale l’indio non è riuscito mai a salire il primo scalino, né il meticcio il secondo.
Nella gerarchia politico-amministrativa coloniale il potere era sinonimo di competenza. "Quello che dico io è giusto perché sono il capo". Fu questa una constante che rimase vigente per tre secoli e ancora oggi non è sparita del tutto in Ispanoamerica.

Il progetto di Antonelli per il forte di San Juan de Ulúa, con due bastioni verso il fronte a terra, fatto il 27 gennaio 1590 e il trasloco della città di Veracruz al posto che occupa oggigiorno furono molto criticati. Ciò nonostante la città fu traslocata e il castello che quasi due secoli più tardi appare sui piani di Agustín López de Cámara (1762) ha una grande somiglianza formale con l'idea del 1590. È anche del primo marzo del 1590 la richiesta di B Antonelli al Re perché: "...piaccia (al Re) inviarmi mio nipote Cristoforo di Roda come collaboratore, perché ogni giorno appaiono ulteriori opere e poiché sono così distanti una dall’altra che io non posso seguirle come vorrei e avendolo qui andrebbe lui ad alcune e io ad altre...”. La richiesta (Doc. Nº20) ebbe risposta e Cristoforo di Roda Antonelli cominciò a lavorar a L’Avana dal 1591.

In una minuziosa relazione al Re datata 10 marzo 1590, redatta a Città del Messico, Antonelli fa un'ampia analisi della situazione del porto di San Juan di Ulúa, della necessità di traslocare Veracruz al luogo chiamato Ventas de Buitrón, di fronte all'isola di San Juan di Ulúa e dei vantaggi della nuova strada tra Veracruz e Cittá del Messico che era stata cominciata dal dottor Palacios. Questa relazione è stata pubblicata da José Antonio Calderón Quijano nel suo fondamentale: Fortificaciones de Nueva España (21). Non mancarono critiche ai progetti di Antonelli, specialmente quelle brandite dal capitano Pedro Ochoa de Leguizamón. Secondo Pedro Ochoa la costruzione di opere di difesa era urgente, mentre Antonelli aveva bisogno di circa dieci anni per effettuarle. Così, avendo considerato terminata la sua visita al Messico, Battista Antonelli e comitiva intrapresero un viaggio, per terra, fino alla baia di Fonseca dove arrivarono il 14 giugno 1590.
Dopo avere analizzato le caratteristiche della grande baia e di quanto lunga e difficile sarebbe riuscita una strada fino a Puerto Caballos, Battista Antonelli disapprovò in modo duro ed enfatico la proposta del capitano Pedro Ochoa di trasferire a Puerto Caballos tutte le attività commerciali con le Filippine e il Perù e tra il Pacifico e l’Atlantico.
Il disaccordo arrivò fino agli insulti e alle minacce giustificando una comunicazione immediata di Antonelli a Juan de Herrea, segretario delle Indie, nella quale dichiarava che il commercio con il Pacifico doveva proseguire per la via Panama-Portobello. La corte lo approvó accettando tutte le ragioni esposte dall’ingegnere.

Nel settembre del 1590 Antonelli appare a L’L' Avana dopo una assenza di oltre sette mesi rimanendovi fino all’8 ottobre 1594 quando lasciò definitivamente l’isola per trasferirsi sul continente per occuparsi del trasloco di Nombre de Dios a Portobello, della fortificazione del fiume Chagre, del controllo del tracciato della strada da Panama all'Atlantico e a ispezionare le opere di difesa di Cartagena.

Durante i quattro anni che Battista Antonelli rimase a L’Avana la sua occupazione principale fu quella del castello del Morro. Non mancarono altre attività: una di quelle fu la costruzione del forte di San Salvador de La Punta che, assieme all’acquedotto per portare l’acqua potabile dal fiume La Chorrera alla città e le varie consulenze, includendo quanto fosse necessario per le opere della baia di Santiago, non gli lasciarono molto tempo per divagare.

Secondo me l’opera insigne di Battista è il Morro de los Tres Reyes de L’Avana Quantunque sia certo che nei progetti di Portorico, di Santo Domingo, del Messico, del fiume Chagre, di Portobello, di Panama, di Cartagena e degli altri posti non abbia avuto la possibilità di disporre del tempo che invece dedicò al Morro, ciò non va a discapito delle altre opere perché è stata la qualità del disegno e la competenza dimostrata nelle altre soluzioni quello che impresse il sigillo della sua personalità architettonica.
Nel Morro di San Juan a Portorico, a San Juan de Ulúa e a Cartagena, le decisioni furono immediate e sicure. La facilità con la quale furono adattate le opere a qualsiasi formazione topográfica dà alle sue fortificazioni un gran movimento e un’armoniosa “irregolarità”.
In sostanza tutte le fortificazioni di Battista Antonelli sono passate attraverso modificazioni e ingrandimenti durante i secoli XVII e XVIII, tuttavia, nessuna di queste opere posteriori è riuscita a cancellare le idee del suo autore originario.

Roberto Segre (22) ha colto in maniera convincente e precisa il carattere delle fortificazioni antonelliane. Anni di permanenza, ricerca e docenza a Cuba, hanno permesso a Segre di arrivare alle seguenti conclusioni che voglio citare: "...Il castello del Morro si adatta alla forma irregolare del promontorio di pietra che racchiude la baia, conformando una poligonale irregolare e un sistema di terrazze degradanti verso il mare ai fini di creare successive cortine di fuoco difensivo fino a pelo d’acqua, culminanti nell’ultima batteria chiamata dei Dodici Apostoli.
Le mura delle terrazze si ergono rette e precise nella loro perfezione geometrica, separando i due volumi principali nei quali si articola il perimetro della fortezza: l’avvolgente, posteriore, la cui altezza corrisponde al livello della proiezione verso terra ferma e quello che guarda al mare, la cui poligonale segmentata corrisponde all’adattamento del sistema regolare originario alle condizioni determinate dagli speroni di roccia.
La mole di pietra è una sfida al fragile legno delle navi attaccanti: non è un confondersi con la natura, ma un risalto della forma e del colore -tutta la costruzione era ocra e bianca- un dimostrare la propria esistenza, incitando al confronto aperto e diretto, sicuro dell’inesorabile risultato finale”.

"Verso terra, difendendo dai possibili attacchi della retroguardia, riappaiono i voluminosi bastioni, quasi simmetrici -originati secondo la tipologia tradizionale- difesi da una sequela di cannoni sul bordo superiore e da bocche di lupo sui lati che difendono l'accesso al castello.
Il profondo fossato secco -scavato nella pietra trasformata in costruzione- stabilisce un netto contrasto tra la roccia e il resto del territorio, non salvato neanche dall’accesso principale posto al margine di uno dei bastioni, ridotto a bocca esterna di un profondo corridoio a volta.
È il desiderio di mantenere le distanze, di trasformarsi in isola, ricostruendo la natura, alzando il muro limite della fossa sopra la roccia viva, impedendo all’occhio osservatore di scoprire il taglio tra l’opera della natura e quella dell’uomo”.

“La posizione del Morro, lontano dalla città, impone una scala diversa alle precedenti edificazioni militari. Tutte le funzioni vitali dei soldati in difesa devono consumarsi al suo interno, compensando la mancanza del mezzo urbano: quindi la piazza d’armi, non costituisce il tipico spazio aperto per le manovre, ma è occupato da blocchi su vari piani, -caserme per le truppe, alloggi per gli ufficiali, la casa del comandante, la cappella- riproducendo nell’interno della cittadella “l’effetto città”.
La piazza, così, viene trasformata in una serie di stradine profonde per la circolazione, proiettate radicalmente verso i bastioni e le terrazze per mezzo di rampe e scalinate che stabiliscono la struttura dinamica associata all’azione, al movimento degli uomini che agiscono nei diversi livelli difensivi per interrompere il passo lineare alla flotta degli aggressori. Antonelli è riuscito a inserire in quest’opera due tradizioni antagoniste formando un complesso omogeneo: l’integrazione organica con la natura proveniente dall’eredità medievale e l’astrazione geométrica del razionalismo rinascimentale”.

L’Avana potendo contare su tre importanti fortezze, più le mura che circondavano la città, si trasformò nella prima piazza fortificata dei Caraibi, fuori dall’ordine di grandezze della possibilità aggressiva dei pirati. L’architettura militare assume il valore di simbolo della città: quando Filippo II le concede lo scudo nel 1592, i tre castelli appaiono sullo sfondo blu del golfo del Messico, assieme a una chiave che rappresenta il commercio con il Nuovo Mondo. Da quel momento in poi L’Avana sarà il vertice del sistema difensivo dei Caraibi, nucleo estremo all’apice dei traffici commerciali della colonia che la ricompenserà con la definizione di: -Chiave del Nuovo Mondo e bastione delle Indie Occidentali-”.

“Sebbene ognuna delle fortificazioni presenti peculiarità proprie, possiamo generalizzare una serie di caratteristiche che costituiscono il contributo di Antonelli all’architettura americana:

1 - La preponderanza dell'esperienza diretta sull'elaborazione teorica. I disegni si adattano di volta in volta a ognuno dei fattori incidenti sulla struttura difensiva, facendo assumere particolare importanza all’ambito topografico.

2 - L'assimilazione delle tecniche e dei disegni rinascimentali, rielaborati a ogni risposta senza nulla concedere agli a priori formali, -tali come il predominio della simmetria o dei poligoni chiusi- creando una struttura compositiva aperta, multidirezionale, per quanto attiene al perimetro e allo sviluppo altimetrico in terrazzi, che assimila i concetti di integrazione organica delle fortificazioni medioevali.

3 - Il concetto unitario degli elementi che definiscono la forma difensiva - imposta dalla particolarità del mezzo- che elimina il rapporto tra il bastione -difesa attiva- e la barriera -ostacolo passivo- omogeneità raggiunta prima delle proposte di Vauban.

4 - L’Interpretazione dinamica della difesa basata nei rapporti esistenti fra i diversi punti di valore strategico della zona protetta, assimilata all'idea dell'unità urbana ...”.

La ricerca condotta da Tamara Blanes Martin (23) è anche una sintesi molto precisa e dettagliata delle caratteristiche del Morro de L’Avana. Nelle sue conclusioni la storica precisa che: "...la pianta del castello del Morro senza dubbi è rappresentativa della scuola classica moderna delle fortificazioni a bastioni del secolo XVI;  non si aggiusta alle leggi o alle disposizioni che imponeva la scuola ispano-americana; soltanto alcuni elementi isolati coincidevano nelle loro grandezze; tuttavia questo non riduce i suoi veri valori, perché in America, generalmente, non c’è stato nessun modello fisso dovuto alle particolari caratteristiche topografiche delle diverse regioni del continente. Conseguentemente, per mezzo delle sue linee si coniugano la singolarità del tracciato, la geometria rigorosa, le grandezze espressive, così come le proporzioni e la ricchezza dei suoi angoli. L'irregolarità del terreno non ha permesso, in parte, una simmetria perfetta, ma d’altra parte non ha tolto la perfezione e la bellezza della pianta classica rinascimentale. È per questo che la fortezza deve essere considerata come un’opera architettonica di prim’ordine, tra la fine del secolo XVI e l’inizio del XVII secolo, nella città de L’Avana, infatti, tranne i castelli Real Fuerza e di San Salvador de La Punta, durante quel periodo, non ci furono opere simili realizzate con tanto rigore scientifico quanto quelle accennate ...".

Sono d’accordo con le osservazioni della storica riportate sopra tranne quella sul "geometrismo rigoroso" che si pretende dimostrare con la ricostruzione ipotetica del tracciato geometrico della pianta concepita dall'autrice. La traccia geometrica, non è stata concepita "a priori" come ci mostra Tamara Blanes; lo studio per trovare una soluzione geometrica sembra un esercizio attuale fatto sul piano di rilevamento della pianta e non una concezione originale. In nessuna delle fortezze di Gian Battista e di Battista Antonelli fatte in Spagna, Africa e in America, sorgono preoccupazioni per la simmetria. L'irregolarità del disegno nasce come conseguenza di uno studio approfondito per l'adattabilità a un terreno difficile e non riguarda per nulla criteri di simmetria che, ad esempio, sono così evidenti nel castello della Fuerza Real. Sono due concetti diversi. L'irregolarità come conseguenza del vantaggio offerto dalla configurazione topografica è una caratteristica della scuola italiana che si manifesta dalla fine del secolo XV, in un grande numero di esempi.

L'unica simmetria che impone un’asse o un centro è quella delle linee che determinano la facciata dei bastioni (nel Morro, in quello chiamato España e in quello Tejeda); quasi tutto il resto si risolve con la presenza dell'ingegnere durante il corso dei lavori per mezzo di proposte, tentativi, modelli a scala e piani. Si rispettano, logicamente, le misure dettate dall’alzo delle armi da fuoco, le distanze fra i bastioni, l’altezza proporzionale e altre norme, ma, la forma finale, si basa più sulla logica che sulla geometria. Nel Morro il prolungamento delle due linee fissanti in corrispondenza delle due facciate dei bastioni España e Tejeda e il loro incontro con il fondo degli orecchioni (lato cortina) forma una X che coincide con la metà della cortina, la metà dell'angolo della controscarpata e dell'angolo del rediente (rivellino voluminoso). L'unione di questi tre punti forma un’asse a 90° con la cortina e può generare -o no- la direttrice dell'insieme. Nel caso del Morro de L’Avana l'asse coincide con l'estremità del Morrillo; nel Morro di San Juan di Portorico non c’è tale coincidenza.

Battista Antonelli nella presa delle decisioni dimostra di sapere agire con idee precise e con molta sicurezza. Ha una predilezione formale definita nella soluzione del fronte a terra che viene ripetuta in maniera simile in quasi tutte le sue opere e che si traduce nell'effetto visivo dei due bastioni grandi con orecchioni.

Per di più, i suoi tracciati di pianta irregolare non si devono soltanto alle difficoltà del terreno poiché in luoghi piani applica la stessa preferenza. Il forte di Salvador de la Punta e il castello di Araya (Venezuela) ci ricordano da vicino una pianta italiana simile: quella del castello di Grifalco che domina la città di Cortona che fu costruito da Francesco Laparelli nel 1554 per ordine di Cosimo I de Medici; anche la pianta del castello di Mazalquivir, vicino a Orano, tracciata da suo fratello Giovanni Battista, rileva un'irregolarità che conferma, una certa predisposizione familiare per le forme libere.

Da settembre 1590 a settembre 1593 i lavori del Morro andarono  a rilento perché il governatore Juan de Tejeda aveva considerato prioritario, in quel momento, attivare la costruzione di San Salvador de La Punta ; per quel motivo, concentrò in quell’opera una gran parte del personale assegnato al Morro. Il forte de La Punta disegnato da Battista Antonelli nel 1588-89 si trova davanti al Morro, dal lato opposto del canale che permette l'accesso alla baia; con la sua costruzione si completava il controllo totale del porto. La pianta originale concepita da Battista Antonelli, secondo il suo Piano del 1593, fu successivamente modificata da Cristóbal de Roda Antonelli che, come già è stato ricordato, era arrivato a L’Avana nel 1591. Tejeda, approvò questa modifica e così si perse una piazza di gran movimento per il posizionamento delle artiglierie e per la varietà degli angoli di tiro. Il progetto di Roda, secondo un Piano del 1595, elaborato dopo la partenza definitiva di Battista Antonelli dall’isola di Cuba nel 1594, ritorna alla forma trapezoidale irregolare che, senza molte modifiche, è quella che è arrivata al giorno d’oggi. Battista Antonelli, non è mai stato d’accordo con la soluzione finale de La Punta. Ci furono molte pressioni e interventi del governatore Tejeda che, senza dubbio, non hanno apportato benefici al risultato finale.

Nella lettera al Re datata primo novembre 1591, Battista Antonelli informa sullo stato dei lavori e fornisce dettagli sulla proposta per collocare una catena sostenuta da tre barche tra i forti del Morro e quello de La Punta. In un'altra comunicazione del 5 marzo 1593, racconta che: "tutta la gente che lavorava alla costruzione de La Punta è passata al Morro per terminare quella costruzione". Un altro lavoro importante di cui da relazione al Re, è quella della canalizzazione del fiume Chorrera (Doc. Nº22) nel centro della città. Un successo personale, ottenuto dopo 25 anni di tentativi falliti condotti da precedenti “esperti”. Dice testualmente: "...Assieme a questa invio a S.M. una descrizione di questo Porto e dell’acqua de La Chorrera, che è stata portata a questa cittadina grazie al mio intervento. E l’aiutante di campo Tejeda mi ha promesso da parte della cittadina mille ducati per istradare l’acqua verso questa cittadina, poiché colui che ne era stato incaricato, non c’era riuscito; e dopo che l'acqua è arrivata qui non si è ricordato di me. Supplico a S.M. di ordinare che venga remunerato per questo lavoro e per il bene che ho fatto a questa cittadina e porto e non che uno si prenda tutto il guadagno e io che ho messo l’ingegno rimanga senza premio; sono fiducioso che S.M. me ne farà grazia...”. Si conserva ancora nella strada de La Chorrera la lapide commemorativa: "L'acqua è stata portata dal Maestro di Campo Juan de Tejeda"; ma il maestro di campo “si è dimenticato” di onorare l’accordo convenuto con chi ottenne un così importante risultato.

Nel Luglio del 1593, Juan de Tejeda concluse il suo mandato come governatore e fu sostituito da Juan de Maldonado. Lo stesso Maldonado diede a Battista Antonelli un certificato reale con il quale gli si aumentava lo stipendio a seicento ducati l’anno e, infine, l’ espressione della molta stima di cui godeva nella corte. Tuttavia, l'armonia con il nuovo governatore di Cuba durò pochissimo.
Come ha indicato Ángulo Iñiguez: "...Maldonado incorse nei medesimi errori del suo predecessore, alterando i disegni, spostando il personale a volontà, distribuendo i lavori di tagliapietre fra i suoi parenti che non erano se non degli apprendisti, violando, in poche parole, l'ordine che lui stesso aveva riportato dalla penisola ...”. (24)

Continuava tutto come prima. Cristoforo di Roda Antonelli che si trovava a L’Avana dal 1591 scrive al Re, il 6 luglio 1595, un anno dopo la partenza definitiva di Battista Antonelli da Cuba, che: "Il governatore non ha amore per la costruzione, ma solo per prendere i soldi". E più avanti, aggiunge: "mi hanno minacciato di farmi pugnalare, ma anche se mi uccidono non smetterò di compiere il compito affidatomi dal Re". (25) Era lo stesso reclamo dello zio Battista Antonelli quando nella lettera del primo novembre 1591, denunciava al Re (Doc. Nº23) che: "...se potessi usare il mio mestiere, com’è dovere, il Morro sarebbe già pronto alla difesa...“.

Ci fu inoltre un incidente con un altro nipote del Battista Antonelli. Si tratta di Francesco Garavelli Antonelli, il fratello di Cristoforo e ambi figli di Caterina Antonelli (sorella di Battista e di Gian Battista) sposata con Giacomo Garavelli. Francesco era stato offeso dal sindaco de L’Avana e quando non ottenne soddisfazione, risolse di ritornare in Spagna. La sua permanenza a Cuba non era durata due anni.

L’otto ottobre 1594 Battista Antonelli conclude definitivamente il suo periodo cubano. Lascia le opere del Morro e della Punta all’attenzione di suo nipote Cristoforo di Roda Antonelli e viaggia verso Nombre de Dios, Portobello e Cartagena.

A Cartagena rimase meno di un mese, sino al 20 novembre 1594, giorno in cui partì per Nombre de Dios e Portobello. Nonostante i pochi giorni passati a Cartagena, ispezionò la palizzata che era in procinto di essere ultimata, le cui istruzioni e dettagli aveva progettato durante la sua prima visita del 1586-87.

Di questo stesso anno 1594 è il piano di recinzione con mura di Cartagena; un progetto che nonostante le successive modifiche, impresse alla città il suo carattere definitivo. Juan Manuel Zapatero(26), storico riconosciuto dell'architettura militare spagnola in America, indica che: "...Battista Antonelli progetta per la difesa di Cartagena delle Indie un meraviglioso  studio tecnico e tattico che rivela la sua alta preparazione nel “Arte di fortificare" seguendo le caratteristiche delle linee esterne proprie della scuola italiana..."."…il sensazionale disegno della recinzione della città costituisce un progetto di fortificazione "regio", dei muri, dei bastioni, rivellini, controguardie e fossi la cui analisi risulta meravigliosa...”. (27)

Come vedremo più avanti, suo nipote Cristoforo di Roda e suo figlio Gian Battista si alternarono nella costruzione di questa costruzione sino alla metà del XVII secolo.

Da Nombre de Dios e Portobello inviò al Re rapporti dettagliati di entrambe le piazze, dando risalto in primo luogo, alla bontà della baia di Portobello per la profondità delle sue acque e la sicurezza che offriva la sua conformazione naturale. Studiò tutte le vie della regione fra Panama, Nombre de Dios, Portobello e Chagre indicando i punti strategici importanti per una difesa facile nel caso di attacchi nemici. Dimostra un gran senso d’organizzazione militare nella sistemazione delle trincee, dei fossati, delle barriere e delle batterie che dimostrarono la loro utilità quando Don Alonso de Sotomayor le usò per sconfiggere Drake nel suo inutile intento di arrivare a Panama. Mise anche in atto la costruzione della torre e della piattaforma sulla bocca del fiume di Chagre ed elaborò il disegno per innalzare le barriere difensive di Portobello.

Si arrivò alla conoscenza della seconda spedizione di Drake nei Caraibi, il cui obbiettivo principale era la presa di Panama, con molto anticipo e questo servì da spinta per la realizzazione delle opere difensive. L’otto gennaio 1596 la flotta di Drake, con 23 navi grandi, entrava nella baia di Nombre de Dios e senza incontrare molta resistenza saccheggiò il piccolo villaggio e lo incendiò. Questo primo incontro eccitò gli inglesi, ma la marcia trionfale verso Panama tanto auspicata da Drake viene frustrata dalle fortificazioni erette da Battista Antonelli. Accanto a Sotomayor e a Juan Enriquez Conabut, Antonelli si trovò sulla linea di battaglia organizzando il buon uso delle fortificazioni. Ci furono danni, distruzione e morte in entrambe le parti, ma Drake non entrò a Panama. La spedizione inglese fu un insuccesso e un Drake malato e soprafatto da vecchi mali, morì davanti alla baia di Portobello.

Nel 1597 Nombre de Dios fu trasferita definitivamente a Portobello nonostante il miserrimo stato in cui lo aveva lasciato l'attacco di Drake. Nella lettera del 24 giugno 1597, Antonelli chiede il trasferimento di Cristoforo de Roda da L’Avana a Portobello considerando che le opere in corso nel Morro dovevano essere già ben incamminate e perché aveva bisogno d’aiuto nella costruzione dei forti di San Felipe, di Santiago e di Sotomayor per la difesa della baia di Portobello. Inoltre elaborò il Piano della nuova città e migliorò le comunicazioni con Panama.

Dalla fine del 1594 sino al 1599, anno del suo ritorno alla penisola, Battista passò quasi cinque anni dedicati al progetto difensivo e urbano di Portobello. Insisteva sempre, sulla necessità di eliminare la piazza di Nombre de Dios e spostare il porto e la popolazione alla baia più sicura di Portobello. Dopo l’insuccesso, la sconfitta e la morte di Francis Drake, si dedicò completamente alla progettazione del nuovo centro portuale selezionando i posti dove stabilire le fortificazioni, progettandole lui stesso, aprendo vie, ecc. Nonostante le febbri e i malanni che soffrì in questo periodo panamense, non risparmiò sforzi per fare di Portobello la baia/porto più sicuro e attivo della zona istimica. Nel viaggio di ritorno in Spagna passò nuovamente per Cartagena, Santa Marta, Rio Hacha e giunse sino a San Agustín in Florida dove fornì la consulenza per la costruzione di un forte in legno. Il castello che oggi conosciamo, il San Marcos, di pianta quadrata e con bastioni a ogni angolo, non è lavoro di Antonelli, come indicato da qualche storico. È un lavoro successivo al 1670 e tardò più di un secolo per concludersi.

Nel 1599, all'età di 52 anni, Battista Antonelli è di nuovo a Madrid. Per poco tempo, perché nel 1600 lo troviamo nel litorale del Levante, a Gibilterra e in Africa, nel litorale marocchino. Nel 1603 intraprende il suo ultimo viaggio in America, questa volta in compagnia di suo figlio Gian Battista che a quel tempo aveva 19 anni. La missione all’origine di questo viaggio era visitare le saline di Araya nel litorale orientale del Venezuela, per cercare una soluzione che concludesse lo sfruttamento illegale del sale che  veniva sottratto impunemente dagli Olandesi.

Le province d' Olanda e di Zelanda, prima di prendere il sale in Araya, si fornivano nelle grandi saline di Setúbal nel Portogallo e in quelle di Sanlúcar a Siviglia, per mantenere un’attiva e fiorente industria di conserve e carni salate. Come conseguenza dell'Unione d’Utrecht (1579) e della separazione della Spagna dalle province unite dei Paesi Bassi (1581), si cerca di creare difficoltà agli olandesi che si procuravano il sale nel Sud della penisola iberica e, con Felipe III, in uno sforzo per nuocere loro economicamente, si arriva alla proibizione totale per tutte le navi dei Paesi Bassi di trasportare sale. La misura non colse di sorpresa i commercianti olandesi che già erano riusciti a mettere insieme solide risorse e avevano organizzato una buona flotta. Fronteggiando la chiusura delle saline peninsulari, diventava urgente trovare una nuova fonte di sale: Araya diventò la principale salina e l'inizio della prima esportazione dall'America verso Europa per quello che rispetta le materie prime.

I viaggi dall' Olanda verso Araya cominciarono nel 1593; sembra che il primo fu il capitano olandese Daniel de Mujerol. Nel 1596 la rotta era molto frequentata e dal 1599 le spedizioni organizzate raggiunsero una frequenza considerevole. Secondo i dati forniti dal governatore di Cumaná, Diego Suárez de Amaya, in un periodo di cinque anni, dal 1599 al 1604, sono arrivate alla salina 456 urcas per il trasporto del sale e 37 urcas di appoggio alle truppe con un movimento totale di 10.507 uomini per il caricamento del sale. Il dominio olandese ad Araya era assoluto e il governatore poteva solo constatare la sua impotenza. Nella lettera del 2 giugno 1600, si dichiara preoccupato perché: "le navi (olandesi) ci tengono d’assedio in un modo che non può entrere in questo porto, né una fregata, né nessuna nave del tipo di quelle che solevano venire a questa terra”. (28)

L'idea di sommergere la salina sembrava la più efficace, tuttavia, prima di prendere la decisione definitiva, la corte volle conoscere opinioni di tecnici autorizzati. Approfittando della presenza di Battista Antonelli a Madrid, lo si incaricò di studiare e proporre la soluzione più consigliabile per porre fine allo sfruttamento del sale da parte degli olandesi. Assieme a suo figlio diciannovenne, Gian Battista e del capitano Pedro Suárez Coronel, partirono dalla Spagna, in una missione segreta il 14 novembre 1603. Una volta a Cumaná il governatore Diego Suárez si unisce al gruppo e i quattro partono per un giro d’ispezione della salina da compiersi nei giorni 19, 20 e 21 giugno 1604.

A dicembre di quello stesso anno, Antonelli è un’altra volta a Madrid per presentare il suo rapporto. Da Cumaná il governatore Suárez informa Felipe III dell’ispezione realizzata e in una lettera (Doc. Nº35) del 10 luglio 1604, dice: "quanti passi ha fatto Battista Antonelli, io l’ho seguito continuamente, senza separarmi per niente da lui, come lo può dire lui stesso, soffrendo per il doppio eccesso: del sole e del fuoco che usciva dalla salina che ci bruciava, impantanati molte volte sino alle ginocchia, senza contare il grande sforzo fatto da Antonelli nel livellarla, che solo per questo servizio meriterebbe che V.M. lo gratificasse generosamente....Piacque a Dio che nei tre giorni che passammo nella salina non arrivassero urcas da carico, che era da più di un anno che non la disoccupavano neanche un giorno, si può dire che sia stato un miracolo”.

Lo stesso Antonelli era rimasto impressionato dalla grandezza della salina e in un punto della sua relazione (Doc. Nº36) riferisce: "è tanta la vastità di questa salina e la quantità di sale che produce che sono certo che nel mondo nulla esista di così straordinaria natura, che é molto diverso averla vista che sentito dire, che quand’anche si caricassero duecento urcas ogni mese, non la si impoverirebbe per niente, perché in quindici giorni si produce nuovamente tanto sale quanto quello estratto e questo a causa del fatto che anche levando due o tre strati di sale dall’acqua, questa si alzi fino a riempire il buco fatto e si trasforma tutto in un sale bianco come l’alabastro".

Due mesi dopo la visita di Antonelli alla salina e prima che arrivasse a Madrid, il 29 agosto 1604 la Spagna e l’Inghilterra firmarono un trattato di pace che, oltre a essere "buono, sincero, perpetuo e inviolabile", contemplava il libero commercio tra i sudditi di entrambi i paesi e il divieto per gli inglesi di portare "in Spagna la merce delle Indie". La tranquillità momentanea che di perpetuo non aveva assolutamente niente, stimolò la determinazione di farla finita con gli olandesi che continuavano a rubare il sale d’Araya e a promuovere il contrabbando nelle vicine isole di Barlovento. A tale fine la Corona risolse di inviare una parte della flotta, la Armada Real del Mar Oceano fino alla salina per mettere fine allo sfruttamento illegale. Nel novembre 1605 la flotta spagnola sotto il comando di Luis Fajardo, sorprese otto urcas per il trasporto del sale ad Araya: si distrussero tutte le istallazioni per il trasporto e l’imbarco del sale e si uccise ogni prigioniero olandese. Fu un colpo molto duro per l'organizzazione che s’incaricava del traffico commerciale tra Araya e i Paesi Bassi. Un colpo che paralizzò per parecchi anni tutta l'attività nella salina e che, per quello stesso motivo, pospose anche la decisione d’iniziare la costruzione del castello.

Trascorse un periodo di diciotto anni da quel 1604 in cui gli Antonelli padre e figlio ispezionarono la salina e il 15 gennaio 1622, giorno in cui il Consiglio di guerra finalmente decretò la costruzione della fortezza. Battista Antonelli, defunto nel 1616, aveva scelto un piccolo soprelevamento vicino alla spiaggia considerandolo il posto più adatto per la sua edificazione. Il rapporto (Doc. N° 36) completo di Battista Antonelli su Araya è in appendice; quello del castello, nel capitolo che corrisponde a Gian Battista Antonelli (il giovane).

Una volta compiuta l’ispezione alla salina di Araya nel 1604, Battista Antonelli ispezionò anche Cumaná , Los Bordones e l’isola di Margarita.
Ritornò in Spagna passando per L’Avana e in quella città si separò dal figlio Gian Battista che rimase ad aiutare il cugino Cristoforo Roda. Come già si è detto, alla fine dello stesso anno 1604 si trovava a Madrid.

Non ritornò più in America e i suoi ultimi dodici anni di vita li dedicò agli impianti del porto e alle fortificazioni di Gibilterra (Gran Bretagna) e, sulla costa atlantica del Marrocco, si occupò delle fortificazioni di Larache per un periodo di circa cinque anni. Conosciamo pochissimo dei progetti di Larache (Marocco) e di altre piazze africane. La mancanza di informazioni e di bibliografia è molto grande e si giustifica una ricerca che ci permetta di conoscere meglio le attività africane, non solo di Battista Antonelli, ma anche di suo fratello maggiore Giovanni Battista e dei Garavelli Antonelli.

È possibile che nel 1610-11 abbia avuto l’ultimo incontro con suo figlio Gian Battista che in quell’epoca aveva viaggiato da Cartagena delle Indie a Madrid.

Si nota in lui una certa distanza da familiari e amici. Cercò di isolarsi e rimanere solo. Sparisce dai documenti e si perde nel silenzio di quelli che hanno lasciato più opere che parole.

L’11 febbraio del 1616 morì a Madrid in via della Espada e fu sepolto nella chiesa del convento dei Carmelitani Scalzi. Il famoso cronista Antonio de Herrera fu nominato esecutore testamentario dallo stesso Battista. L'eredità lasciata da Battista Antonelli fu distribuita fra i Carmelitani Scalzi di Madrid e i poveri del suo paese natalizio in Italia: Gatteo. Battista Antonelli aveva già aiutato alla costruzione della chiesa dei Carmelitani Scalzi inaugurata l’otto dicembre 1615, oggi nota come la chiesa di Santo Ermenegildo. Donazioni testamentarie simili erano molto frequenti a quel tempo e parecchi ordini e parrocchie se ne erano beneficiate per costruire chiese, conventi e oper d’assistenza sociale. La generosità, di Battista Antonelli verso la chiesa dei Carmelitani Scalzi deve essere capita anche con il suo desiderio di ricevere lì una sepoltura degna e permanente.

Più strana tuttavia, risulta l’istituzione del Monte Frumentario-Antonelli (29) in Gatteo, dedicato ai poveri del suo paese natio e creato con il proposito che potessero sempre fare affidamento sulle loro razioni di frumento, quando, a causa di malattie, della vecchiaia o per la mancanza di soldi, non avevano nessuna possibilità di ottenerle.

L'azione generosa del Battista mette in evidenza che, nonostante i suoi quasi cinquanta anni d’assenza da Gatteo, non dimenticò il suo paese nativo. Viaggiò per tre continenti, attraversò oceani e lasciò dimostrazioni del suo talento in un incalcolabile numero di opere; tuttavia, nel fondo del suo cuore, il suo piccolo paesello romagnolo occupò sempre un posto vivo nei suoi ricordi.

“L’assistenza frumentaria” creata da Battista Antonelli fu bene concepita. Che abbia funzionato con efficienza lo dimostra il fatto che rimase in attività fino alla fine dell'anno 1890, ossia per 271 anni.

Come già si è detto il “Cronista Mayor de Indias”, Antonio de Herrera si incaricò del testamento e molti dei documenti di sua competenza furono redatti in italiano, lingua che Herrera dominava molto bene perché aveva trascorso parecchi anni in Italia. Nella sua qualità di esecutore testamentario dovette fare fronte alla richiesta di invalidare il testamento presentata davanti ai tribunali di Madrid da suo figlio e unico erede, Gian Battista Antonelli che protestò opponendosi alle donazioni fatte dal padre.

Dato che nel litigio era chiamato in causa il Monte Frumentario Antonelli, è facile capire perché vari di questi documenti si trovino nell’Archivio Comunale di Gatteo. Ciò che è più triste di tutti questi fatti è che a Gatteo il cognome degli Antonelli si conosce solo per la generosità di Battista e per l’opposizione del figlio.

Herrera riuscì a far rispettare le ultime volontà del suo amico Battista e quando la situazione si normalizzò, Gian Battista ritornò nei Caraibi per dedicarsi alla costruzione del castello di Araya.